lunedì 2 novembre 2009

Inter in Brasile: obiettivo Douglas. Milan, Kakà non merita applausi

E' derby di ventenni. Una generazione di fenomeni che interessa mezza Europa. Il Milan si assicura il ghanese Dominic Adiyah, esterno alto, ottimo come cambio di Pato e Ronaldinho. Arriverà dopo aver superato le visite mediche, sperando che MilanLab non si accorga di un mal di denti improvviso che possa far cambiare la strategia di mercato. La domanda da porsi è soprattutto una: i rossoneri, e non sono i soli, vanno a prendere da altri club diciottenni e ventenni di grande prospettiva, ma come mai non si accorgono prima dei talenti che offre l'Africa o il Sudamerica, quando il costo è pari a zero? E soprattutto, a cosa servono i continui viaggi in Brasile di Braida se l'ultimo colpo, Pato, era conosciuto alla grande piazza ormai da mesi e si poteva vedere in tv anche seduti sul divano di casa? Oggi il tema non riguarda il Milan, quindi vale la pena spostare l'obiettivo: Inter. Piero Ausilio, responsabile del settore giovanile nerazzurro, è volato in Brasile. Viaggio di aggiornamento professionale, un giro per i campi meno conosciuti, in cerca dell'ennesimo calciatore di prospettiva tra i 14 e 16 anni. C'è, però, chi sostiene che il vero obiettivo del Presidente Moratti si chiami Douglas Costa (14 settembre 1990, 172cm x 64 kg). Non vi dice nulla questo nome? Peccato, vi perdete un gioiellino di 19 anni che ricopre il ruolo di trequartista, gioca nel Gremio e in Patria lo paragonano a Kakà. Con la Nazionale Under 20 brasiliana ha realizzato 5 gol in 11 presenze. Se, invece, ne avete già sentito parlare è per il semplice fatto che lo scorso giugno, Alex Ferguson, aveva pensato proprio a Douglas per sostituire il partente Cristiano Ronaldo. Nulla di fatto perchè i brasiliani hanno alzato il prezzo e Ferguson se n'è scappato di fronte a richieste ritenute fuori mercato per un calciatore di quasi 20 anni che mai si è affacciato al calcio europeo. Dire che Ausilio è in Brasile per provare a chiudere la trattativa con il Gremio sarebbe eccessivo ed infondato. Sostenere, però, che una tappa a Porto Alegre sia stata fatta potrebbe presto trovare un riscontro. Soprattutto se consideriamo che il mandato di Douglas è in mano ad uno dei procuratori italiani più vicini all'Inter. Staremo a vedere. Con il senno... del prima, possiamo dire che sarebbe un colpo da provare; ne vale la pena. Anche se oggi iniziamo a reputare "vecchi" anche i ventenni.
Non ha nulla a che fare con il mercato del presente, ma una chiusura la meriterebbe Kakà, a 24 ore dalla grande sfida di San Siro. Tre buoni motivi per i quali i tifosi rossoneri non dovrebbero accogliere con gli applausi il brasiliano. Innanzitutto la "barzelletta di gennaio" è durata appena 5 mesi. La mano sul petto, fuori dalla finestra di casa, un bacio alla piazza che insorgeva alla sua cessione. Bufale! La proposta era del City, è arrivato il Real ed arrivederci e grazie. Non dimentichiamo che due settimane fa ha detto di non voler esultare in caso di gol contro il Milan. Bene, segna Raul ed è il primo a ridere ed esultare. Terzo punto: mancanza di classe ed eleganza. "Buttiamo fuori il Milan" sono dichiarazioni che un calciatore pacato come Kakà avrebbe potuto e dovuto risparmiarsi in settimane difficili per i suoi vecchi compagni di squadra. Per questi motivi non merita gli applausi di San Siro, domani sera. Se poi vogliamo considerare tutto quello che ha dato sul campo al Milan, allora bisogna che gli vengano preparati tappeti rossi, petali di rose e striscioni lunghi un'intera curva.
Fonte: tuttomercatoweb

Spalletti: "Sogno l'azzurro dopo i Mondiali"


Per ora Luciano Spalletti è un disoccupato di lusso, e si diverte da Mister Peroni a giocare per beneficenza col fantacalcio. Ma se il futuro è assicurato, tra proposte Zenit e ipotesi Milan, il sogno a occhi aperti è ancora più grande. "Una nazionale? Sì, la nazionale è il sogno di tutti gli allenatori, e io sono pronto", è la risposta esplicita del tecnico di Certaldo. E sa tanto di una candidatura al dopo Lippi, chissà poi quanto di bandiera. Ma nel calcio ideale dell'ex allenatore Roma c'é anche dell'altro. "Agguati, bombe, minacce: è ora di farla finita.
Sono cose che non vorremmo vedere nella nostra vita, perché dobbiamo accettarle nel calcio?", tuona dalla sala consiglio della Figc, all'indomani della surreale domenica dell'Olimpico della sua ex squadra: una vittoria giallorossa scacciacrisi tra fischi, bombe carta, cuscini funebri e uova lanciate contro il pullman. "Negli stadi italiani non riusciamo a portare la nostra civiltà. Attenti - avverte Spalletti, in queste settimane in giro per il mondo a studiare l'altro calcio - siamo rimasti indietro a livello europeo. Non so se Capello abbia ragione e se siamo ostaggi degli ultrà: io so solo di avere una gran determinazione dentro, e se abbiamo voglia di combattere tutto questo si può fare". Colpa anche dei media, sottolinea Spalletti, ma soprattutto della cultura non-sportiva: "Si esagera nella contestazione - dice partendo dal caso Roma, ma evidentemente pensando anche a quanto successo tra Cassano e tifosi Samp - Si esaspera il concetto di vittoria per vendere il prodotto. E invece il calcio é un gioco, una festa: è il luogo dove ci si diverte. I giocatori sono persone, non macchine: è giusto farli lavorare da segregati, accusarli di non saper fare il loro mestiere, continuare a considerarli dei privilegiati e pretendere che se hanno il quarto stipendio della serie A arrivino quarti? L'equazione non regge. E se non impariamo ad accettare le sconfitte, in Europa rimarremo sempre indietro".
D'altra parte, il suo calcio era fatto soprattutto di gioco.
"Quattro anni di Roma e anche l'Udinese, c'é di che esser orgoglioso. Resto convinto che attraverso il gioco sia più facile arrivare al risultato. Mourinho? E' un buon domatore - dice pungente - usa tensione e attenzione per consentire alle sue squadre di sfruttare gli episodi. Spesso gioca peggio, ma coglie quegli attimi e vince. In questo è il più bravo". L'esperienza Roma è alle spalle, ma senza rimpianti. "Cosa ne sapete dei rapporti con Totti e Perrotta? Li ho sentiti, anche dopo le loro dichiarazioni - spiega l'allenatore, spiegando la sua reazione a quell' 'addio inevitabile' evocato dai due ex allievi - Con loro rimane il rapporto di amicizia e chiarezza avuto in quattro anni, e quando ci siamo lasciati i giocatori erano molto dispiaciuti. Ma rimango dell'idea: avevo dato loro tutto, ricevendo tanto. Ed era ora che qualcun altro provasse a tirar fuori il meglio di una squadra di enormi potenzialità". Il rapporto con Rosella Sensi è invece più complicato. "Ho abbandonato la nave? Nessuna dichiarazione o travisamento potrà cancellare quel che ho vissuto a Roma - la risposta in differita - A me Roma e la Roma piacevano, e continuo a voler loro bene.
Ho ricevuto molto dalla famiglia, il mio presidente è stato Franco Sensi che mi aiutò a entrare in quella realtà, e poi anche la presidentessa Rosella. Tornare se la proprietà cambiasse? Non è questo il discorso. Ma se le nostre strade si rincrociassero nel futuro, sarei felice". Intanto, c'é la proposta dello Zenit ("sono andato, ho visto, idee e persone sono serie: valuteremo"), la possibilità di andare all'estero, ma soprattutto la nazionale. "Ci sono molti tecnici italiani che ne allenano di straniere, ma io mi sento pronto anche per 'la' nazionale, quella azzurra. Il ritorno di Totti? L'Italia può fare a meno anche di Francesco, ma di sicuro è uno che ha colpi diversi da tutti. Lui e Lippi si conoscono, sarà Totti a dover dire l'ultima parola, se se la sente". E Cassano? "Lippi sa decidere, è il numero 1 degli allenatori, ha vinto il Mondiale: bisogna ascoltare e stare zitti". Perfetto per un ct.
Da tuttomercatoweb

Sampdoria, Del Neri: "Cassano vuole restare a Genova"


Mister Del Neri, ai microfoni di Rai Sport, ha voluto togliersi qualche sassolino dalle scarpe, in risposta agli ingenerosi fischi piovuti da una parte dello stadio:

"Mi sa che abbiamo abituato questi tifosi un po' troppo bene, fischiarci nel momento in cui siamo al secondo posto non ha molto senso. Le dichiarazioni di Cassano? Antonio è un istintivo, si sa, quanto accaduto lo avrà ferito sul momento, ma non c'è nulla di cui preoccuparsi, lui vuole restare qui e fare il bene della Sampdoria, non sta pensando di partire".
Fonte da: Tutto mercato web
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